La Via Emilia «Main Street della pianura padana» matrice di un territorio al quale da il nome.


«Tanto servì e tanto seppe questa strada, che la gente chiamò infine la regione dalla strada, non la strada dalla regione»
Riccardo Bacchelli

La strada fu voluta dal console romano Emilio Lepido a difesa di Roma e iniziò la sua costruzione nel 187 a.C. Nei secoli successivi, diventò poi la spina dorsale della regione.
La via Emilia, la grande strada di comunicazione strategica per i romani che la costruirono, attraversava la pianura a ridosso degli Appennini ed è oggi affiancata dall’autostrada che le corre quasi parallela. Ancora evidenti appaiono i segni del tracciato originario che collega le città e i centri abitati che sono sorti ai sui lati. La sua “aura” è rimasta intatta, ha cambiato il proprio corso, ma l’importanza che l’ha sempre accompagnata è rimasta inalterata così da essere raccontata da numerosi narratori e ritratta da molti fotografi.
Ortogonalità: rappresentazione parallela
Nell’affrontare questo progetto, fotografare il tratto di Via Emilia che attraversa il territorio di Savignano sul Rubicone, ho immediatamente ripensato ai grandi fotografi che nel tempo si so-no confrontati con questa strada e questo territorio. Inevitabile è il richiamo a “Esplorazioni sulla via Emilia” del gruppo di fotografi invitati da Luigi Ghirri ad interpretare attraverso lo sguardo, il paesaggio con una esplicita consegna di evitare “il ricorso ai generi, agli apporti specialistici, al rispetto delle convenzioni disciplinari, ecc.” come scrivono Giulio Bizzarri ed Eleonora Bronzoni nell’introduzione del libro.
Da qui l’idea di mantenere una simmetria dello sguardo che mi permettesse di essere quanto più possibile oggettivo nel misurare quanto stavo vedendo e riprendendo con la fotocamera.
La mia “esplicita consegna” è stata fotografare la poetica del quotidiano, dal margine della strada.
Ho abitato per tanti anni sulla via Emilia a Santarcangelo di Romagna, mio paese natale, e ricordo con chiarezza quando mia madre raccomandava a noi bambini di guardare con attenzione, a destra e a sinistra, prima di attraversare la strada, strada già pericolosa per le auto che vi sfrecciavano a tutte le ore.
Così ho voluto riguardare la Via Emilia, di fronte, a sinistra e poi a destra.
Perché la fotocamera stenopeica panoramica? Il paradosso della fotografia stenopeica è di riuscire dove le leggi fisiche ottiche, degli obiettivi delle macchine fotografiche falliscono , cioè nel riuscire a restituirci un’immagine nitida, nonostante le condizioni di impossibilità tecnica direbbero il contrario. La fotocamera stenopeica fissa la scena attraverso il lento fluire della luce, i raggi si adagiano sullo strato sensibile della pellicola e animano la fotografia, più luminosa nella parte centrale, più scura verso i margini, in una sorta di dissolvenza periferica dello sguardo.
Perché il bianco nero Togliere il colore nelle fotografie non costituisce necessariamente una perdita di informazioni,
anzi, concorre a rafforzare la struttura dell’immagine. Questo assunto sintetizza uno dei motivi che portano i miei lavori verso il bianco e nero.
L’assenza del colore rafforza la lettura dell’immagine, riesce a dare alla fotografia, già ricca di informazioni grazie al suo sviluppo panoramico, un fascino particolare, un aspetto che la pone al di fuori da ogni concezione temporale e che rende dunque il momento duraturo.